Si è tenuto a Gasperina il quarto incontro itinerante in preparazione al quinto Convegno ecclesiale della Chiesa Italiana che si svolgererà a Firenze nel prossimo mese di novembre 2015.
Il tema che si è trattato a Gasperina è stato: “La Comunità di Dio che educa per la città dell’uomo”.
Gli ospiti sono stati Aldo Gallace e Domenica Piroso, una coppia di laici dell’Associazione Missionaria Maria Immacolata e padre Carlo Mattei, Oblato di Maria Immacolata.
Nella prima parte dell’intervento, l’insegnante Domenica Piroso ha raccontato l’esperienza missionaria ed educativa che da nove anni, l’Associazione Missionaria, di cui fa parte, svolge con alcune scuole della Romania. È un progetto scolastico che non si occupa solo di raccogliere e devolvere offerte e fondi in denaro ma di promuovere ed offrire idee, valori, principi pedagogici, strategie operative, confronto, valorizzazione della relazione, dell’identità della persona e della diversità per promuovere e meglio realizzare l’inclusione scolastica degli alunni diversamente abili di alcune scuole della Romania.
Essa è una nazione che, solo da poco tempo, ha adottato la legislazione sulla tutela dell’infanzia e delle persone disabili; il sistema scolastico rumeno, se da un lato ha vantato per anni il primato di risultati di eccellenza ai concorsi internazionali degli alunni superdotati, dall’altro ha però mostrato carenze nel curare gli aspetti pedagogici che avrebbero potuto riguardare tutti i ragazzi in età scolare. Soprattutto è stato tralasciato l’intervento pedagogico specialistico nei confronti dei bambini diversamente abili che perciò, spesso, continuano a frequentare istituti speciali. Il progetto dell’AMMI si è occupato di aiutare le situazioni di inserimento al loro nascere, esse riguardavano l’accoglienza di alcuni bambini in alcune scuole pubbliche. Tali situazioni di bisogno sono state rilevate e segnalate a noi, comunità di Catanzaro, dai padri Oblati di Maria Immacolata della Comunità di Maracineni che, da qualche tempo, svolgevano animazione missionaria in varie scuole del territorio.
Si è cominciato dapprima a finanziare alcuni insegnanti di sostegno, poi anche ad affiancare tutti gli altri docenti curricolari con supporti pedagogici, operativi e formativi. dopo i primi successi riscontrati sul piano dell’integrazione, anche altre scuole si sono aperte al confronto, alla disponibilità di un dialogo e di un’intesa educativa. L’equipe italiana formata, a quel punto, da docenti curricolari e di sostegno, da associati AMMI, da figure specialistiche, volontariamente, si sono recati di persona in alcune scuole rumene e, tutt’oggi, hanno contati settimanali via skipe con il coordinatore inclusivo. A distanza di qualche anno notiamo più apertura, più serenità, più fiducia; registriamo successi scolastici nei bambini ed anche soddisfazioni nelle famiglie e negli operatori. Notiamo come se qualcosa si fosse messa in piedi, come se qualcuno, all’improvviso, prendendo coscienza di sè e del positivo intorno, abbia cominciato a voler camminare da solo.
Nel secondo intervento, Padre Carlo Mattei ha offerto un approfondimento teologico-pastorale per far riflettere i presenti su quanto sia importante educarci oltre che educare.
Oggi tendiamo a pensare che bisogna educare gli altri, in realtà è il caso di soffermarci a capire cosa veramente vogliamo noi prima di tutto, dove vogliamo arrivare, quale uomo, quale donna vogliamo essere e costruire; interrogarci come mamme, padri, nonne, nonni, catechisti, insegnanti, e darci una mano ad educare.
Mai come oggi, diventa una sfida educare e allora dobbiamo ridircelo prima noi.
Dobbiamo dircelo come Comunità ecclesiale, mentre prepariamo i bambini alla Prima Comunione, perchè li educhiamo?
In un contesto in cui tutto porta al ristorante, alla bomboniera, a mandare i figli a scuola di danza, scuola di nuoto, scuola di inglese fuorchè scuola di Gesù Cristo… Cosa facciamo noi? Educhiamo, secondo quanto dicono i nostri vescovi, alla “Vita buona del Vangelo”?
Dobbiamo dircelo anche a scuola, lì ci sono le regole, c’è, ad esempio, la regola che non si usa il telefonino in classe, ma non si applica, ci si collega e ci si connette col tablet comunicando sempre meno. Allora, mai come oggi, non sono cambiati i ragazzi, siamo cambiati noi; i ragazzi sono sempre quelli che vogliono conoscere, scoprire, capire…bisogna che capiamo noi adulti cosa gli mettiamo a disposizione.
Allora famiglia, chiesa, scuola come ci educhiamo e a che cosa educhiamo? Mai come oggi abbiamo bisogno di capire un pò noi. Dio ha messo nelle nostre mani la vita e ha detto” tu sei capace di poterla gestire e io te la dò”! Noi invece, qualche volta, ci arrendiamo subito: disperiamo davanti a un bambino diversamente abile; facciamo finire un matrimonio alla prima difficoltà, ci frantumiamo davanti alle disgrazie ed alle difficoltà della vita.
Allora, cosa vuol dire educarci? Dobbiamo chiedercelo, perchè nel nostro caso, non si tratta di gente che va un pò in chiesa, si tratta di noi che, insieme, siamo Chiesa e che, comunque, che programmi preferiamo? Quali scelte facciamo? Come operiamo nel nostro lavoro?
Noi siamo battezzati e nel battesimo un presbitero ci ha messo un pò d’olio, quello che ci aiuta ad affrontare il male; ci ha anche messo un altro olio, quello che ci rende forti , capaci di affrontare la vita con la grazia di Cristo e lui ci dice” sei pronto, vai, vai, sei forte della mia forza”. Ce lo dice, solo che ce lo dobbiamo ricordare perchè altrimenti pensiamo di essere il brutto anatroccolo mentre invece siamo cigni e dobbiamo volare. Non possiamo trovarci nel pollaio come le galline, dobbiamo dirci e ricordarci che siamo cigni e possiamo volare. Dobbiamo mostrare questo ai ragazzzi, non offrire il pollaio, scoprire che dentro di noi c’è una forza incredibile, abbiamo bisogno non di EDUCARCI ma di RICORDARCI quello che siamo senza fare i malati terminali o le facce di rassegati anche nelle grandi celebrazioni come nella messa di resurrezione.
Abbiamo bisogno di RICORDARCI il che vuol dire che possiamo essere migliori di quello che già siamo ma intanto bisogna ridircelo.
E allora cosa vuol dire EDUCARCI? Vuol dire RICORDARCI quello che siamo!
Il meglio però lo dobbiamo saper mettere in evidenza là dove siamo; non siamo migliori solo perchè andiamo in chiesa, dobbiamo esserlo ovunque, là dove Cristo ci ha messo a fare i preti, i genitori , i medici, gli insegnanti, gli operai e non i lupi.
Se ognuno lo è migliore e lo sa mostrare, man mano, anche gli altri lo diventano perchè siamo contagiosi. Il male è contagioso ma anche il bene lo è; se non si mette fuori il meglio di quello che si è, anche gli altri, intorno, piano piano, sono portati a mettere il peggio di quello che hanno.
Si dice:”Chi va con lo zoppo impara a zoppicare…” Noi dovremmo dire” Chi va con lo zoppo impara a far sì che lo zoppo si raddrizzi”. Perchè? Perchè imitare il male è più facile e, se non lavoriamo sul bene, il male ci trascina con sè.
Mimma e Aldo Gallace