Ancora non è primavera e pure ne stiamo gustando le prime luci: le campagne gelate dal freddo vedono rifiorire l’erba e le primule fanno il loro capolino nei prati, gli alberi pian piano si preparano e far germogliare le foglie così da poter dare buoni frutti; la natura ricomincia da capo il suo corso vitale.
Così come la natura anche nella nostra vita spirituale la Quaresima è quel tempo che ci prepara a rinascere dal peccato e da ogni morte, a ricominciare da capo davanti ai nostri fallimenti, a riscoprire la dignità di essere figli di Dio nati dal costato trafitto di Gesù sulla croce.
La Quaresima è il tempo della conversione, tempo cioè, per voltarci nuovamente a Dio e precisamente a Cristo per rinascere insieme con Lui ad una vita nuova, quella dei figli di Dio. La lunga strada che ci conduce alla Pasqua è un cammino di rinascita autentico che deve fare i conti con tutti gli aspetti della nostra vita. Cristo, d’altronde, si è fatto uomo per insegnarci a diventare uomini veri.
Gesù va nel deserto per darci l’esempio e la dimostrazione di come un figlio del Padre deve imparare a fronteggiare le tentazioni quotidiane.
Fare i conti col male e con la tentazione è una tappa obbligatoria e a volte quotidiana nella nostra vita; con lo spirito del “Padre nostro” chiediamo a Dio di liberarci dal male e dal Maligno e nello stesso tempo con lucidità, rendiamoci conto di dover intraprendere contro il male una guerra non facile che si vince solo aprendo il cuore alla Parola di Dio e arrendendosi con docilità alla sua Volontà.
Ma cosa significa essere tentati?
Significa guardare all’obiettivo e fare delle scelte per raggiungerlo; significa avere la possibilità di scegliere; significa, inoltre, provare la solidità delle nostre scelte. Scegliere è, dunque, un esercizio di libertà e di autenticità bello e nello stesso tempo rischioso. Siamo continuamente davanti ad un bivio, a due amori che si contrappongono: l’amor proprio e l’amore per il prossimo e per Dio; una vita spesa tutta per se stessi e una vita donata agli altri. È in questo binomio che si gioca l’autenticità della nostra fede, del nostro impegno di essere discepoli del Signore!
Siamo interpellati, dunque, a riconoscere che pur avendo la vita, noi non siamo la vita; esistiamo in relazione alle cose, alle persone e a Dio non per potercene servire ma per valorizzare il dono della vita che ci è stato fatto.
La liturgia di questa domenica ci presenta questo bivio sia nella prima lettura che nel Vangelo: da una parte c’è Adamo che col peccato trasforma il giardino dell’Eden in un deserto; egli costruisce la vita basandosi sul proprio io, colui che pensa di potercela fare da solo, colui che vuole tenere tutto per se e non è capace di accorgersi degli altri e dell’Altro. Dall’altra parte c’è Gesù che si incammina nel deserto per farlo tornare ad essere un giardino fiorito; fonda la sua vita sulla Parola del Padre, vive con umiltà e gratuità il Suo essere il Figlio di Dio, dona tutto se stesso per gli altri.
Il diavolo presenta a Gesù la sua figliolanza divina connotata dal prestigio e dall’onnipotenza; Gesù vive il suo essere Figlio del Padre nella logica dell’obbedienza, dell’adorazione e del servizio. Il diavolo ragiona in termini di potenza, Gesù in termini di affetto filiale scegliendo la via del silenzio e del nascondimento.
Il male ci convince che la solidità della vita sia l’avere, il potere l’apparire, ma tutto ciò si dimostra fragile. Le tentazioni di Gesù sono il simbolo e l’immagine delle nostre tentazioni: il possesso delle cose; il potere sulle persone; il successo che rende superiori a Dio. L’uomo che segue questa via è destinato all’insoddisfazione, all’infelicità e alla solitudine. Gesù ci insegna la via per risponde alle tentazioni e costruire solidamente la nostra vita: con la consapevolezza che la vita dipende da Dio; condividendo con gli altri quello che è; rimanendo umili.
Siamo invitati a convertirci, cioè, a intraprendere un cammino per diventare in maniera autentica figli del Padre; siamo invitati a farlo mettendoci davanti al crocefisso per cambiare le nostre convinzioni sulla vita, sugli altri e su Dio; siamo chiamati a mettere in discussione la nostra fede: noi, infatti, non riponiamo la nostra fiducia in un Dio che deve fare di tutto per accontentarci ma nel Padre di Gesù Cristo che non ha risparmiato il Suo Figlio ma lo ha consegnato alla croce per noi.
Ecco la vera primavera che stiamo aspettando, ecco quando i nostri alberi metteranno le foglie e i nostri prati fioriranno; quando nella notte di Pasqua avremmo avanzato nel cammino di fede in maniera più autentica e sincera; quando avremmo scoperto che essere figli del Padre e discepoli di Gesù significa: consacrare il primato a Dio nella nostra vita, metterci in ascolto costante e obbediente della sua Parola, fare di noi stessi un dono per gli altri.

Don Ferdinando Fodaro
Assistente Settore Adulti