I partecipanti al ConvegnoSi è svolta nell’Auditorium “Sancti Petri” della Curia Arcivescovile, l’assemblea diocesana dell’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro – Squillace. Ma l’Assemblea dell’associazione laicale, è stata qualcosa di più. L’intervento di mons. Mansueto Bianchi, Assistente Generale dell’Azione Cattolica e vice Presidente del Comitato Preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale “In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo” che si terrà a Firenze da 9 al 13 novembre p.v., ha fatto immergere, i numerosi partecipanti, in un cammino, lungo il quale la comunità ecclesiale italiana, lasciando le porte aperte, deve compiere scelte decisive. “La città di Dio – ha esordito il Presidente dell’AC diocesana Francesco Chiellino – che incontra la città dell’uomo, non nella separatezza ma nel servizio e nella testimonianza quotidiana. L’incontro è già il dopo Firenze – ha continuato il presidente – è il coronamento di cinque incontri, promossi dall’AC, che si sono tenuti sul territorio diocesano e nei quali l’AC, con lo stile che le è proprio, ha coinvolto in uno spirito di comunione e di fecondo arricchimento, tutte le aggregazioni laicali diocesane. Ogni iniziativa, ha declinato in modo concreto, nel racconto di significative esperienze “segno” le cinque vie, cioè i cinque verbi che sono i percorsi attraverso i quali oggi la Chiesa italiana, deve incamminarsi: Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare. Dopo aver salutato i rappresentanti dell’AC di tutte le diocesi calabresi presenti all’incontro e i delegati delle altre associazioni laicali diocesane, ha dato la parola alla Delegata Regionale di AC Stefania Sorace che insieme all’Assistente Regionale don Fortunato Morrone, hanno ribadito la collaborazione piena dell’associazione con la Chiesa calabrese e l’ impegno ancora più forte e radicato, rispetto alla concretezza del convegno Ecclesiale di Firenze. Il tavolo la Testimonianza segnoStimolante è stata la testimonianza-segno di Acheropita Calarota e Grazia Platarota dell’AC della diocesi di Rossano, che hanno raccontato, suscitando emozione ed interesse, l’esperienza all’interno del carcere di massima sicurezza di Rossano. “Una esperienza coinvolgente– è stato detto –oggi quando pensiamo al carcere, riflettiamo su volti, sorrisi, parole. Un incontro palpabile con l’umano che ha creato dialogo e crescita anche personale, permettendo ad alcuni detenuti di conseguire la laurea e come segno, all’interno del carcere sarà istituita una sezione di Azione Cattolica”. Mons. Mansueto Bianchi, ha suddiviso il suo intervento su tre punti: i Convegni Ecclesiali precedenti (Roma, Palermo, Loreto, Verona); il verbo Uscire che è fontale per tutti gli altri verbi e il ruolo dell’Azione Cattolica. I Convegni Ecclesiali si sono rivolti sempre al Paese circa le vicende culturali, sociali economiche, il volto e l’impegno della Chiesa davanti all’Italia, chi è in Cristo è nuova creatura. Il Convegno, di Firenze, nella culla dell’umanesimo e del rinascimento, espresso con il linguaggio della bellezza, nato sotto il Pontificato di Benedetto XVI e che si celebra con Papa Francesco, propone il Vangelo come stile di vita. La solidarietà operativa e le sfide dell’umanesimo negato. Il Convegno, anima e scuote le nostre comunità; si discute, si parla, si studia, si discerne ma l’altro compito è quello di seminare. Il verbo Uscire, ci richiama ad essere comunità cristiana ad ogni livello proprio in “uscita” capace di toccare il povero e non solo di parlarne. Dobbiamo – ha insistito – fare lo stesso percorso che Dio ha fatto con Gesù di Nazareth: mettere la periferia al centro. Uscire – ha continuato – è superare una impostazione di Chiesa che si guarda allo specchio e che reagisce pericolosamente al trauma dell’erosione in tre modi: appassendosi, diventando ringhiosa o che scodinzola e si conforma al mondo e cita fonti e salotti dominanti. La logica del cristiano in uscita invece deve essere quella di Gesù, che reagisce rilanciando la proposta ad un livello alto e ampio. Uscire, poi, è riformulare la nostra pastorale, , guardare con gli occhi di chi è fuori, con meno attenzione agli adempimenti e al burocratese. Il criterio principe è la misericordia la gradualità paziente, la fedeltà che è diversa dalla conservazione. Il Tavolo con mons. Bertolone e mons. BianchiLa conservazione è cenere la fedeltà è fuoco. Occorre sperimentare vie nuove che non sono comode e asfaltate, non lasciandosi affascinare dal “si è sempre fatto cosi” che ci porta a guardare all’indietro. Uscire – ha proseguito davanti ad un uditorio interessato – vuol dire “essere leggeri”, essenziali, elastici riesaminando con coraggio strutture e apparati ecclesiali purificandoli, esemplificandoli e cercare nuovi senza paura. Un Chiesa in uscita, parla un linguaggio diverso, propositivo e non imperativo. La chiesa in uscita chiede a tutti la testimonianza e la responsabilità evangelica. I Care..mi interessa. Una Chiesa in uscita – ha accentuato – ha una forte gravitazione nei poveri che portano un potenziale di evangelizzazione. La misericordia, precede il giudizio, lo comprende e lo supera senza abrogarlo. La Chiesa che diventa luogo dell’incontro tra “Carità e Verità”. Per uscire – ha detto ancora – occorre un forte ancoraggio ecclesiale, un radicato e autentico inserimento nella Comunità, senza eccentricità e protagonismi ma avendo la corresponsabilità come punto di riferimento. Deve essere una scelta condivisa del Popolo di Dio, tra Presbiteri e laici fatta con coraggio e pazienza. L’Azione cattolica, continua a scegliere la Parrocchia e la diocesi come luogo per uscire. L’AC crede che le nostre parrocchie, hanno la vitalità per diventare protagoniste in questa nuova stagione ecclesiale. La parrocchia è profezia di evangelizzazione e la figura chiave della chiesa in uscita è il laico cristiano. L’annuncio – ha concluso – accade nell’ambito della relazione personale e il luogo dell’annuncio è la ferialità e l’AC, già ci è stata, nel generare dalle ferite le porte, l’AC è un investimento di futuro e speranza. Nelle sue conclusioni, l’Arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone ha insistito sulla testimonianza “guarda come si amano e operano”, in questo modo scorre la grazia di Dio. Non possiamo – ha proseguito – rimanere, dobbiamo uscire da noi stessi, vita nuova appunto. La Testimonianza è l’arma più convincente che abbiamo perché non parla ma agisce. La testimonianza che vive perché abitata dalla grazia di Dio. E’ in questo mondo che dobbiamo pedalare e animarlo evangelicamente. Papa Francesco ci dice che dobbiamo testimoniare. Dobbiamo ha concluso – entrare in una vera comunione capace di sentire i passi e la voce di Gesù Cristo in lui e nella sua vita vi è il nuovo umanesimo e noi dobbiamo imitare Cristo ed essere uomini veri. Al termine, l’assistente unitario dell’AC diocesana don Pantaleone Greco ha donato a mons. Bianchi il libro sui certosini di Serra san Bruno, cuore pulsante della spiritualità diocesana.

Claudio Sandro Venditti